English EN French FR Italian IT Spanish ES

Cinofobia o aggressione da parte di un labrador ?

Nel mentre Mevia accede al cortile condominiale viene aggredita da un cane di razza Labrador di proprietà di Sempronio (a suo dire privo di museruola e guinzaglio, circostanza contestata) quindi cade rovinosamente contro il cordolo di cemento dell’aiuola ivi presente. Sempronio replica sostenendo che la caduta sarebbe stata causata esclusivamente da una sproporzionata reazione di Mevia che, spaventata dal cane, retrocedeva sino a inciampare nel cordolo della suddetta aiuola condominiale.

Lunedi 4 Agosto 2025

Il primo giudice, non ritenendo ricostruita con chiarezza la dinamica dell’aggressione, rigetta la domanda di Mevia che propone appello. La corte di appello di Milano (sent. n. 550/2025) ritene non fondato l’appello. La vicenda ha profili interessanti sotto il profilo giuridico.

La difesa di Mevia in primo grado aveva riferito che la propria assistita era stata investita dal labrador e quindi caduta a terra per poi precisare nella memoria ex art. 183, comma 6 n. 1 c.p.c., di aver mal riportato le circostanze e dopo ulteriore confronto con la propria assistita chiariva che Mevia fosse “indietreggiata e caduta per “percepita aggressione” senza effettivo contatto col cane, che, privo di museruola e guinzaglio, si stava invece minacciosamente avvicinando ad essa.

Un fatto oggettivamente diverso non corrispondente alla versione fornita dal figlio di Sempronio che nella qualità di testimone oculare, riferiva che sulla dinamica del sinistro riferiva che il cane era stato tenuto sempre al guinzaglio, dapprima dal padre e successivamente da lui stesso, per permettere al genitore di soccorrere Mevia rovinata al suolo e dolorante. La figlia di Mevia, pure lei escussa, fornisce una versione diversa affermando che si trovava all’esterno del cancello di accesso del condominio e ha potuto vedere il labrador uscire da solo senza padrone e senza guinzaglio e museruola. Non avrebbe visto cadere la di lei mamma scorgendola quando era già a terra.

Insomma per la Corte milanese il compendio probatorio così ricostruito non permetterebbe di comprendere con certezza il reale sviluppo dei fatti oggetto di controversia, essendo le allegazioni delle parti e le dichiarazioni dei testi escussi parzialmente contraddittorie.

Nel ricordare inoltre quale sia e su chi grava l’onere probatorio ai sensi della responsabilità ex art. 2052 c.c., per la Corte, in ragione della ricostruzione sopra operata, le censure mosse da Mevia alla sentenza impugnata non possono trovare accoglimento. Infatti, come correttamente ritenuto anche dal primo giudice, Mevia sia in primo che secondo grado non ha assolto al proprio onere probatorio dal momento che quanto dichiarato dai citati testi non consente di ritenere provato il fatto storico dedotto in giudizio, per le dichiarazioni contraddittorie in merito alla posizione delle parti al momento della caduta.

In buona sostanza il fatto storico da provare era quello secondo cui la madre sarebbe caduta per “percepita aggressione” senza effettivo contatto col cane, che, privo di museruola e guinzaglio, si stava invece minacciosamente avvicinando ad essa. Mevia, impaurita, era appunto indietreggiata e caduta.

Interessante un passaggio della sentenza che inficia la suggestione di Mevia che attribuisce valore confessorio a quanto dichiarato da Sempronio in occasione della denuncia di sinistro alla propria assicurazione. Aveva dichiarato di non essere riuscito a evitare la caduta avendo le mani impegnate a tenere il guinzaglio corto al cane. Tale dichiarazione avrebbe confermato, a dire di Mevia, che il cane si trovasse estremamente vicino alla danneggiata da indurla a indietreggiare sino a cadere a causa del cordolo dell’aiuola presente nel cortile.

Si tratta di un elemento che non è idoneo a provare alcunché. Anche se, come riferito da Mevia, il cane stesse abbaiando la Corte scrive che non vi è la prova di alcuna intenzione aggressiva da parte dell’animale nei confronti di Mevia non essendo stato provato che stesse abbaiando contro Mevia, manifestando aggressività. E circostanza nota, sottolinea la Corte, che molti cani in procinto di uscire per una passeggiata mostrino esuberanza abbaiando. Non solo, sempre la Corte precisa che la descritta aggressività dell’animale mal si concilia anche con la razza dello stesso, di tipo labrador retriever, tipicamente caratterizzata da un’indole mansueta e docile.

Vengo ad alcune riflessioni di chiusura.

Ancora una volta emerge l’importanza di provare quanto viene affermato da una parte che spesso ritiene provato in partenza ciò che invece non lo è affatto. Partiamo dal presupposto che se il proprietario può liberarsi solo mediante la prova del caso fortuito il danneggiato deve preliminarmente e necessariamente provare l’esistenza di un collegamento eziologico tra fatto materiale dell’animale ed evento lesivo. E in questo caso Mevia non lo ha fatto.

Secondo presupposto: il danno deve essere “cagionato” dall’animale. E proprio su questo punto potrebbe nascere una riflessione significativa. Tradotto, sotto il profilo causale l’evento dannoso deve essere una conseguenza diretta del fatto o comportamento dell’animale il quale non deve costituirne soltanto l’occasione. Il fatto posto in essere dall’animale deve porsi come causa primaria dell’evento. Sia chiaro che se cioè indietreggiando per l’avvicinarsi (minaccioso o meno) di un certo cane magari non tenuto a guinzaglio inciampo nel gradino o cordolo del marciapiede che non vedo, rompendomi un braccio, verosimilmente avrò diritto ad essere risarcito dal proprietario del cane. Esattamente quanto è accaduto nel caso di specie.

Se invece qualcuno dovesse inciampare sul corpo del mio cane, magari di notevole mole, accovacciato in modo ben visibile agli occhi dello “sbadato”, difficilmente potrò essere destinatario di una richiesta di danni (una sentenza di merito risalente nel tempo, Trib. Milano 1965 ha escluso la responsabilità del proprietario dell’animale per i danni subiti da una persona inciampata in un cane che dormiva). La norma non prende in considerazione la mole del cane, piccola o grande che sia.

A parere di chi scrive il punto nodale è che non vi è conferma che il cane si trovasse estremamente vicino alla danneggiata da indurla a indietreggiare sino a cadere a causa del cordolo dell’aiuola presente nel cortile. Questo è il punto dirimente. Meno lo è che non vi è prova dell’intenzione aggressiva da parte dell’animale posto che non la ritengo necessaria.

Come, sempre a mio modestissimo parere, poco rileva che molti cani in procinto di uscire per una passeggiata mostrino esuberanza abbaiando. Decisamente priva di pregio che la descritta aggressività dell’animale mal si concilierebbe con un labrador retriever, tipicamente caratterizzata da un’indole mansueta e docile.

Condividi