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Nell’era della tecnologia: il bracciale elettronico

Dott.ssa Claudia Trani.

Tali strumenti, infatti, hanno prodotto effetti limitati e di natura meramente temporanea, in particolare l’indulto, che ha inciso solo in via transitoria sulla popolazione detenuta.

Anche il cosiddetto “Decreto Svuota Carceri” (D.L. 24 novembre 2000, n. 341), pur avendo determinato un alleggerimento immediato della pressione carceraria, non ha sortito effetti duraturi sul piano strutturale.

La persistente emergenza relativa al sovraffollamento degli istituti penitenziari è stata oggetto, in più occasioni, di rilievi critici e condanne da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, per violazione dell’art. 3 della Convenzione EDU, che sancisce il divieto di trattamenti inumani o degradanti.

In tale contesto emergenziale, il legislatore è intervenuto con il D.L. 24 novembre 2000, n. 341,introducendo, all’interno del codice di procedura penale, l’art. 275-bis, che prevede la possibilità di applicare il dispositivo di controllo elettronico (c.d. “braccialetto elettronico”) nei confronti di indagati o imputati sottoposti alla misura cautelare degli arresti domiciliari. L’adozione di tale strumento è subordinata al previo consenso dell’interessato ed è finalizzata al controllo del rispetto delle prescrizioni imposte, in una fase antecedente al passaggio in giudicato della sentenza. La relativa decisione è rimessa al giudice competente, che dovrà valutare la pericolosità sociale del soggetto e motivare adeguatamente il provvedimento.

In assenza del consenso dell’indagato, il Giudice procedente disporrà l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere.

È opportuno evidenziare che l’art.275-bis c.p.p. non introduce una nuova misura coercitiva, bensì disciplina l’utilizzo del dispositivo elettronico di controllo quale mera modalità esecutiva degli arresti domiciliari. Tale disposizione configura, in sostanza, una condizione sospensiva della custodia cautelare in carcere, condizionata al consenso dell’indagato all’uso del dispositivo (www.brocardi.it).

Nella prassi applicativa, il cosiddetto “braccialetto elettronico” (o cavigliera elettronica) rappresenta un dispositivo tecnologico che consente di effettuare il controllo a distanza del soggetto a cui è stato imposto, con provvedimento dell’autorità giudiziaria, il vincolo degli arresti domiciliari.

L’utilizzo sperimentale del dispositivo risale al 2001 e fu avviato in alcune città italiane – Roma, Milano, Bologna, Napoli e Reggio Calabria – con l’obiettivo di monitorare elettronicamente i soggetti sottoposti alla misura cautelare domiciliare.

Nel 2003,il Ministro dell’Interno sottoscrisse una convenzione con la società Telecom Italia per la fornitura di 2.000 dispositivi elettronici, i quali, all’epoca, non erano ancora dotati di tecnologia GPS.

Tali dispositivi erano collegati a una centralina installata presso l’abitazione dell’eventuale aggressore e trasmettevano un segnale d’allarme alle Forze dell’Ordine, competenti territorialmente, ogniqualvolta fosse stato superato il raggio di sorveglianza prefissato (www.ilpost.it/2024/07/14/storia-braccialetto-elettronico).

Compito primario degli organi di Polizia giudiziaria resta quello di accertare il regolare funzionamento del dispositivo, nonché di verificare se eventuali anomalie siano ricondu cibili a guasti tecnici o a manomissioni volontarie da parte del soggetto sottoposto alla misura.

Con la Legge 23 aprile 2009 n. 38, il legislatore ha introdotto nel codice penale l’art. 612-bis c.p., recante la fattispecie incriminatrice del delitto di atti persecutori (cd. “stalking”). Contestualmente, è stata prevista la possibilità di applicare, nei confronti dei soggetti sottoposti a misure cautelari per reati riconducibili a violenza di genere, l’utilizzo di dispositivi di controllo elettronico, comunemente noti come “braccialetti elettronici”, con finalità essenzialmente preventive.

A decorrere dal 2013,tale misura è stata estesa anche ai soggetti destinatari dell’ordinanza di allontanamento dalla casa familiare, anch’essa adottata nell’ambito delle politiche di contrasto alla violenza domestica e di genere.

Tuttavia, ancora oggi, il sistema italiano risulta carente sotto il profilo della disponibilità materiale di tali dispositivi elettronici, circostanza che ha dato luogo a rilevanti problematiche applicative in sede giudiziaria.

In particolare, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8379 del 28 febbraio 2025, ha affermato un principio di rilevante impatto in materia di misure cautelari personali, statuendo l’illegittimità del ricorso automatico a misure più afflittive, quali la custodia cautelare in carcere, in ragione della mera indisponibilità tecnica del braccialetto elettronico, destinato alla tutela delle vittime vulnerabili di reati di genere.

La Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi in merito a una vicenda esaminata dal Tribunale del Riesame di Milano, concernente un soggetto indagato per il reato di atti persecutori, nei cui confronti era stato disposto il divieto di avvicinamento alla persona offesa, con contestuale applicazione della misura del controllo elettronico mediante braccialetto.

L’Ordinanza impugnata prevedeva, in via subordinata, che qualora il dispositivo elettronico non fosse risultato tecnicamente attivabile, trovasse automatica applicazione la misura cautelare del divieto di dimora nel comune di residenza della persona offesa.

L’illegittimità dell’automatismo risulta in linea con quanto già affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 173 del 15 ottobre – 4 novembre 2024, secondo cui: “… nel caso in cui risulti inattuabile la misura degli arresti domiciliari con controllo elettronico, non può operare alcun automatismo, né in favore dell’indagato (mediante applicazione degli arresti domiciliari semplici), né in suo sfavore (mediante applicazione della custodia cautelare in carcere), dovendosi procedere a una valutazione individualizzata in ordine all’idoneità, necessità e proporzionalità della misura cautelare rispetto alle esigenze cautelari nel caso concreto”.

La sentenza n. 8379/2025 della Corte di Cassazione introduce un profilo ulteriore rispetto a quanto affermato dalla Corte costituzionale.

Se, infatti, la Consulta si era limitata a censurare l’automatismo applicativo della misura più gravosa nei soli casi di malfunzionamento del braccialetto elettronico, senza esten dere il proprio scrutinio all’ipotesi del mancato consenso dell’indagato all’utilizzo del dispositivo, la Corte di Cassazione, nella pronuncia in oggetto, ha rigettato l’Ordinanza del Tribunale del Riesame di Milano, che aveva previsto un meccanismo automatico e indistinto di aggravamento della misura.

In particolare, i Giudici di legittimità hanno ritenuto illegittima la sostituzione automatica del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa con la più afflittiva misura del divieto di dimora nel comune di residenza della persona offesa, rilevando l’assenza di una motivazione individualizzata e la violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza ex art. 275 c.p.p.

È opportuno evidenziare come già nel 2016 le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n.20769 del 19 maggio 2016, abbiano posto fine alla dibattuta questione interpretativa concernente l’art. 275-bis c.p.p., escludendo la legittimità dell’orienta mento più restrittivo che, in caso di indisponibilità del dispositivo elettronico, prevedeva l’automatica sostituzione della misura meno afflittiva con una più gravosa.

In tale pronuncia, la Suprema Corte ha chiarito che l’indisponibilità tecnica del braccialetto elettronico non può costituire, di per sé, giustificazione per l’applicazione di una misura cautelare più incisiva, ribadendo la necessità di un’autonoma valutazione della sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge per l’adozione di provvedimenti maggiormente limitativi della libertà personale.

Tale principio implica, in sintesi, che, nell’ipotesi di indisponibilità tecnica del controllo da remoto tramite dispositivi elettronici — qualora detta impossibilità non sia imputabile alla persona sottoposta a misura cautelare — il Giudice non è legittimato a disporre automaticamente una misura coercitiva di maggior rigore. Al contrario, è tenuto a procedere a una nuova e puntuale valutazione delle esigenze cautelari alla luce delle peculiarità del caso concreto.

Questo orientamento trova ulteriore conferma nell’art. 7 del D.L. 29 dicembre 2024, n. 178,che ha provveduto a riformulare gli articoli 275-bis e 276 c.p.p., relativi rispettivamente alla valutazione delle misure coercitive e ai provvedimenti conseguenti alla violazione delle prescrizioni imposte, rafforzando la necessità di un bilanciamento tra esigenze cautelari e diritti fondamentali dell’indagato o imputato.

In termini generali, l’utilizzo effettivo del braccialetto elettronico ha conosciuto una diffusione assai limitata sino al 2020.

Solo con l’entrata in vigore del cosiddetto Decreto Cura Italia (D.L. 17 marzo 2020, n. 18), adottato nel contesto dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, se ne è previsto un impiego più ampio.

L’art. 123 di detto decreto, recante “Disposizioni in materia di detenzione domiciliare”, consentiva in via straordinaria e temporanea, su istanza dell’interessato, l’esecuzione della pena presso il domicilio per pene non superiori a 18 mesi, anche se costituenti parte residua di una condanna più ampia (www.sistemapenale.it) .

Un raffronto sui braccialetti elettronici attivi nei diversi anni (v.d. ilgiornale.it del 31.5.2025)

Anno 2021 – braccialetti attivi n. 2.802

Anno 2022 – braccialetti attivi n. 3.357

Anno 2023 – braccialetti attivi n. 5.695 di cui 1.018 (nov.’23) con funzionamento antistalking

Anno 2024 – braccialetti attivi n. 10.458 di cui 4.677 con funzionamento antistalking

L’aumento dell’impiego dei dispositivi di controllo elettronico ha suscitato ampi dibattiti in merito ai frequenti malfunzionamenti riscontrati e al conseguente rischio per l’incolumità delle vittime.

Un episodio particolarmente tragico è quello rappresentato dall’omicidio della sig.ra Concetta Marruocco, avvenuto nell’ottobre 2023 ad opera dell’ex coniuge, il quale, a causa di un malfunzionamento tecnico del braccialetto elettronico a lui applicato, riusciva ad accedere all’abitazione dell’ex moglie e a ucciderla, senza che le Forze dell’Ordine venissero tempestivamente allertate a seguito della violazione delle prescrizioni imposte.

A tale riguardo, il Quotidiano Nazionale del 20 novembre 2024 riportava i contenuti di un’audizione del Ministro dell’Interno, On.Matteo Piantedosi, il quale evidenziava l’urgenza di adottare correttivi volti a superare le criticità emerse nel sistema di monitoraggio mediante cavigliere elettroniche, strumento volto al contrasto della violenza di genere e degli omicidi in ambito familiare.

In tale sede, il Ministro dichiarava che al fine di garantire una tutela effettiva e prioritaria della sicurezza delle vittime, o di coloro che versano in condizioni di pericolo, è stato richiesto di procedere, caso per caso, ad una valutazione della funzionalità tecnica del dispositivo elettronico e della sua effettiva idoneità, anche in relazione alle specifiche caratteristiche dei luoghi oggetto di monitoraggio, al fine di potenziare l’efficacia del tracciamento di prossimità e la relativa capacità preventiva (www.quotidiano.net/cronaca/braccialetto-elettronico-il.viminale).

È espressamente finalizzata alla tutela delle persone offese la previsione contenuta nell’art.7 del D.L. n. 178/2024,secondo cui il Ministro dell’Interno è tenuto a trasmettere, con cadenza semestrale, una relazione al Parlamento sull’attuazione delle misure di controllo elettronico, con particolare riferimento all’efficacia e alla diffusione del dispositivo in questione.

Ad oggi, il sistema del braccialetto elettronico evidenzia ancora numerose criticità, emerse sia sul piano interpretativo e applicativo delle norme di riferimento, sia nella concreta esperienza delle famiglie coinvolte, come dimostrato dai più recenti interventi istituzionali e dagli studi commissionati dagli stessi organi governativi.

È stato segnalato, in particolare, come il sistema risulti carente nei casi in cui la vittima si trovi in movimento, circostanza nella quale la capacità del dispositivo di generare un allarme tempestivo risulta sensibilmente compromessa.

A tal riguardo, il Ministro della Giustizia, On. Carlo Nordio, ha osservato la necessità di implementare il sistema affinché, oltre a segnalare la presenza dell’aggressore nelle vicinanze, possa fornire alla vittima un’indicazione immediata di luoghi pubblici nei quali trovare riparo (ad esempio farmacie, chiese, esercizi pubblici abilitati).

L’avv.Villa, legale della famiglia della sig.ra Concetta Marruocco, vittima del tragico episodio richiamato, ha sottolineato come occorra evitare soluzioni meramente apparenti, prive di reale efficacia nel garantire l’incolumità delle persone offese.

In tale prospettiva, tra le soluzioni in corso di valutazione figura l’ipotesi di affiancare al braccialetto elettronico un sistema di controllo più rigoroso nei confronti del soggetto agente, nonché un’effettiva forma di isolamento della vittima, tenendo debitamente conto delle dimensioni umane e sociali insite nella fenomenologia della violenza di genere e/o domestica.

L’obiettivo è duplice:da un lato, garantire una protezione concreta e affidabile per le potenziali vittime; dall’altro, fornire alle forze dell’ordine uno strumento tecnologico maggiormente efficiente, capace di supportare interventi tempestivi ed efficaci.

Allegati:

C cass sent 8379 2025

C Cost s 173 2024

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